Catania | ||
Catania offre paesaggi eterogenei concentrati in un'area ristretta. Sorge sulla costa orientale dell'isola, ai piedi del vulcano Etna (il vulcano attivo più alto d'Europa) a circa metà strada tra le città di Messina e Siracusa affacciandosi sul mar Ionio con il golfo che da essa prende il nome. Il suo territorio comprende anche una consistente parte della piana di Catania ('a Chiana), una tra le più estese aree coltivate della Sicilia, la cui zona più vicina al mare costituisce l'Oasi del Simeto, riserva naturale di circa 2.000 ettari, istituita nel 1984. L'Oasi del Simeto prende nome dal fiume Simeto che sfocia a sud della città, nella località Primosole. Il territorio è prettamente pianeggiante a sud e sud-est, e montuoso a nord per la presenza dell'Etna. Il nucleo originario della città era situato su un'altura: la collina di Montevergine (49 m s.l.m.), nata da un'eruzione preistorica dell'Etna datata tra 15.000 e 3960 ± 60 anni dal presente, corrispondente all'odierna Piazza Dante, dove sorge il Monastero di San Nicolò l'Arena (oggi sede universitaria), e, a sud, il terrazzo di Acquicella (15 m s.l.m.), separati da una valle, poi colmata dalle lave dell'eruzione del 1669, nella quale scorreva un corso d'acqua, l'Amenano, che sfociava nei pressi dell'attuale piazza Duomo. L'unico altro rilievo importante è la collina di Santa Sofia, nel quartiere omonimo, dove sorge la Cittadella Universitaria, quasi al confine con Gravina di Catania, comune del vasto hinterland. Il verde pubblico è costituito dai parchi situati all'interno della città. Sono sei quelli di una certa grandezza e importanza: il Giardino Bellini o Villa Bellini, chiamato 'a Villa, è dedicato al musicista Vincenzo Bellini; il Giardino Pacini o Villa Pacini, soprannominato Villa 'e varagghi (cioè "degli sbadigli") dedicato al musicista Giovanni Pacini; il Parco Gioeni (situato a nord del quartiere Borgo, alla fine della via Etnea); il Parco Falcone e Borsellino (a nord del corso Italia), dedicato agli omonimi magistrati uccisi dalla mafia; il Giardino di piazza I Viceré (nel quartiere Canalicchio) e il Boschetto della Plaia (nella zona tra il sud della città e l'Aeroporto Vincenzo Bellini, il Mercato Ortofrutticolo Comunale e il quartiere Plaia). Tra gli altri, per l'importanza storica e per la conservazione della biodiversità, va segnalato l'Orto botanico di Catania, nel quartiere Mercede. La città è attraversata da un fiume sotterraneo, l'Amenano, che anticamente sfociava dove oggi c'è la Villa Pacini e ora sfocia più a sud-est, dove c'è il porto. Esso si rende visibile alla Fontana dell'Amenano, fontana in marmo bianco chiamata dai catanesi Acqua a linzolu che sorge tra la cosiddetta "Pescheria" e la piazza del Duomo, e nei sotterranei del locale Ostello Agorà. In passato, poco fuori le mura ad ovest, si poteva trovare il lago di Nicito, al fiume collegato e ormai coperto dalla colata lavica del 1669 (l'omonima via ne ricorda l'ubicazione). Ma è stato tutto il territorio circostante a mutare profondamente in seguito a calamità naturali come le varie colate laviche: la costa a nord del porto è costituita da una scogliera, sita dove oggi è presente la Stazione Centrale, detta dell'Armisi e formata in varie epoche storiche nel 1169, 1329 e 1381, anno in cui venne coperta anche parte dell'antico Porto Ulisse nel quartiere Ognina; tale tratto di costa comprende la spiaggetta di San Giovanni li Cuti. L'area a sud del Castello Ursino, un tempo sul mare, è invece il prodotto dell'enorme colata del 1669 che, accerchiatolo, si spinse per qualche chilometro verso il mare. La costa a sud del porto venne profondamente modificata, formando il litorale sabbioso della Plaia.
Monumenti e luoghi d'interesse A Catania del periodo greco non rimangono molte tracce, a causa di vari fattori sia naturali (terremoti che hanno rovinato la città, colate laviche) che antropici, come le ricostruzioni che spesso hanno ricoperto le precedenti architetture. Inoltre, non sono mai state eseguite grandi campagne di scavi e studi archeologici se non in casi sporadici della sua storia recente. Tuttavia, secondo alcuni studiosi, gli zoccoli di alcune costruzioni pubbliche e private tuttora esistenti sono da attribuire al fiorente periodo della colonizzazione greca. Miglior fortuna hanno avuto i monumenti di epoca romana che hanno resistito fino ad oggi testimoniando l'importanza della città in antico, inoltre numerosissimi reperti provengono dagli scavi occasionali della città (la gran parte di questi – tra cui mosaici, statue e persino il frammento di una colonna istoriata – sono esposti al Museo civico). Nel 1978 gli scavi archeologici all'interno dell'ex Monastero dei Benedettini, anticamente nota come la collina di Montevergine, hanno confermato un'imponente e stratificata urbanizzazione dell'area fin dall'epoca eneolitica: sono state rinvenute strutture di edifici del VI e del IV secolo a.C., appartenenti alla fase più antica della colonia calcidese. Il Teatro Romano (del II secolo), l'Odeon (III secolo), l'Anfiteatro (II secolo), le Terme dell'Indirizzo (in piazza Currò), le Terme della Rotonda, le Terme Achilliane, varie altre strutture termali (in piazza Sant'Antonio Abate, piazza Santa Maria dell'Itria, piazza Dante Alighieri), i resti di un acquedotto presso via Grassi e alcuni edifici funerari, il foro, il Mausoleo del Carmine (II secolo), una Domus romana con i mosaici tardo repubblicana (tra gli esempi più significativi dell'attività edilizia romana in Sicilia nel corso del II secolo d.C. sita nell'Emeroteca sotterranea del Dipartimento di Scienze Umanistiche), le colonne (in Piazza Mazzini) e quella che sostiene la statua di Sant'Agata (in piazza dei Martiri), tre assi viari (due si incrociano ortogonalmente ai Benedettini dove sono state trovate ancora basolate, oggi allo scoperto), una strada che conduceva in antico dal Teatro all'Anfiteatro corrispondente all'attuale via Crociferi sono i maggiori resti attualmente visibili della Catania romana. Molti di questi monumenti fanno parte dal 2008 del Parco archeologico greco-romano di Catania (istituito dalla Regione Siciliana)[19] e alcuni di essi come il Teatro romano, le Terme della Rotonda e altri monumenti minori sono stati restaurati e resi visitabili. Anche i resti dell'anfiteatro sono visibili dal 1907 (anno in cui sono stati riportati alla luce) dall'ingresso di piazza Stesicoro e dal cortiletto di vico Anfiteatro, traversa di via Alessandro Manzoni. Probabilmente anche "'u liotru", il simbolo della città situato attualmente al centro di piazza Duomo, è stato scolpito in epoca romana se non prima. È un manufatto in pietra lavica porosa, che raffigura un elefante. Il nome deriva probabilmente dalla storpiatura del nome di Eliodoro, mago semi-leggendario accusato di negromanzia e grande avversario di Leone il Taumaturgo, che lo fece bruciare al rogo. L'elefante è sormontato da un obelisco egittizzante[20] di cronologia incerta con figure probabilmente legate al culto isideo. Del periodo tardo antico rimangono i resti delle necropoli a nord e ad est del centro storico, come il mausoleo di viale Regina Margherita, il monumento funerario detto Mausoleo Modica o Ipogeo quadrato (in via Gaetano Sanfilippo, traversa di via Ipogeo, a sua volta traversa proprio del viale Regina Margherita), e come pure numerosi frammenti, lapidi (tra cui quella di Julia Florentina esposta al Louvre), o il cippo esposto al Castello Ursino. Sono invece di epoca paleocristiana le cripte di Sant'Euplio, di Santa Maria La Grotta, della cappella nell'Ospedale Garibaldi, nonché gli ambienti del cosiddetto Sacro Carcere. A Catania del periodo greco non rimangono molte tracce, a causa di vari fattori sia naturali (terremoti che hanno rovinato la città, colate laviche) che antropici, come le ricostruzioni che spesso hanno ricoperto le precedenti architetture. Inoltre, non sono mai state eseguite grandi campagne di scavi e studi archeologici se non in casi sporadici della sua storia recente. Tuttavia, secondo alcuni studiosi, gli zoccoli di alcune costruzioni pubbliche e private tuttora esistenti sono da attribuire al fiorente periodo della colonizzazione greca. Miglior fortuna hanno avuto i monumenti di epoca romana che hanno resistito fino ad oggi testimoniando l'importanza della città in antico, inoltre numerosissimi reperti provengono dagli scavi occasionali della città (la gran parte di questi – tra cui mosaici, statue e persino il frammento di una colonna istoriata – sono esposti al Museo civico). Nel 1978 gli scavi archeologici all'interno dell'ex Monastero dei Benedettini, anticamente nota come la collina di Montevergine, hanno confermato un'imponente e stratificata urbanizzazione dell'area fin dall'epoca eneolitica: sono state rinvenute strutture di edifici del VI e del IV secolo a.C., appartenenti alla fase più antica della colonia calcidese. Il Teatro Romano (del II secolo), l'Odeon (III secolo), l'Anfiteatro (II secolo), le Terme dell'Indirizzo (in piazza Currò), le Terme della Rotonda, le Terme Achilliane, varie altre strutture termali (in piazza Sant'Antonio Abate, piazza Santa Maria dell'Itria, piazza Dante Alighieri), i resti di un acquedotto presso via Grassi e alcuni edifici funerari, il foro, il Mausoleo del Carmine (II secolo), una Domus romana con i mosaici tardo repubblicana (tra gli esempi più significativi dell'attività edilizia romana in Sicilia nel corso del II secolo d.C. sita nell'Emeroteca sotterranea del Dipartimento di Scienze Umanistiche), le colonne (in Piazza Mazzini) e quella che sostiene la statua di Sant'Agata (in piazza dei Martiri), tre assi viari (due si incrociano ortogonalmente ai Benedettini dove sono state trovate ancora basolate, oggi allo scoperto), una strada che conduceva in antico dal Teatro all'Anfiteatro corrispondente all'attuale via Crociferi sono i maggiori resti attualmente visibili della Catania romana. Molti di questi monumenti fanno parte dal 2008 del Parco archeologico greco-romano di Catania (istituito dalla Regione Siciliana)[19] e alcuni di essi come il Teatro romano, le Terme della Rotonda e altri monumenti minori sono stati restaurati e resi visitabili. Anche i resti dell'anfiteatro sono visibili dal 1907 (anno in cui sono stati riportati alla luce) dall'ingresso di piazza Stesicoro e dal cortiletto di vico Anfiteatro, traversa di via Alessandro Manzoni. Probabilmente anche "'u liotru", il simbolo della città situato attualmente al centro di piazza Duomo, è stato scolpito in epoca romana se non prima. È un manufatto in pietra lavica porosa, che raffigura un elefante. Il nome deriva probabilmente dalla storpiatura del nome di Eliodoro, mago semi-leggendario accusato di negromanzia e grande avversario di Leone il Taumaturgo, che lo fece bruciare al rogo. L'elefante è sormontato da un obelisco egittizzante[20] di cronologia incerta con figure probabilmente legate al culto isideo. Del periodo tardo antico rimangono i resti delle necropoli a nord e ad est del centro storico, come il mausoleo di viale Regina Margherita, il monumento funerario detto Mausoleo Modica o Ipogeo quadrato (in via Gaetano Sanfilippo, traversa di via Ipogeo, a sua volta traversa proprio del viale Regina Margherita), e come pure numerosi frammenti, lapidi (tra cui quella di Julia Florentina esposta al Louvre), o il cippo esposto al Castello Ursino. Sono invece di epoca paleocristiana le cripte di Sant'Euplio, di Santa Maria La Grotta, della cappella nell'Ospedale Garibaldi, nonché gli ambienti del cosiddetto Sacro Carcere. Un monumento di età bizantina è la Cappella Bonajuto (nome derivante dalla famiglia nobiliare che l'aveva tenuta come sacrario di famiglia nonché come cappella privata): si tratta di una "trichora" bizantina (cioè un edificio con tre absidi); prima del suo restauro se ne aveva conoscenza grazie ai disegni di Jean-Pierre Houël. Del periodo normanno si conservano principalmente le absidi della Cattedrale di Sant'Agata (il Duomo), che poi sarebbero state ristrutturate dopo il terremoto del 1693. Oggi la cattedrale conserva la Vara, ovvero il Fercolo, il busto-reliquiario e la cassa-reliquiaria di Sant'Agata, realizzato dal senese Giovanni di Bartolo nel XIV secolo. Del periodo svevo (XIII secolo) sono il portale della chiesa di Sant'Agata al Carcere e il famoso Castello Ursino, federiciano (sede del Museo civico, formato principalmente dalle raccolte Biscari e dei benedettini, dal 1927), coevo dell'altrettanto famoso castello di Castel del Monte ad Andria e del siracusano Castello Maniace. Invece il portale della scomparsa Chiesa di San Giovanni de' Fleres e il balcone di palazzo Platamone risalgono al periodo Aragonese Del periodo tardo aragonese rimangono poche tracce, tra cui la chiesa di Santa Maria di Gesù situata nella piazza omonima e costruita nel 1498 è forse l'esempio in migliori condizioni. La chiesa fu ristrutturata nel Settecento, mentre il portale è del Cinquecento e solo la Cappella Paternò mantiene l'originale struttura gotica. Nel 1558, fu iniziata la costruzione del Monastero dei Benedettini, a cui sarebbe poi stata affiancata la chiesa di San Nicolò l'Arena. Distrutto dalla colata lavica del 1669 e dal terremoto del 1693, nel 1703 se ne avviò la ricostruzione che tuttavia non è stata mai più portata a termine. Di detto edificio permangono tutt'oggi le antiche cucine, il chiostro occidentale, nonché la traccia dell'antico archeggiato del corridoio di meridione. Le cosiddette Mura di Carlo V, che racchiudono il centro storico, furono erette nel XVI secolo, tra il 1550 e il 1555 su un progetto iniziale di Antonio Ferramolino. Il progetto non riuscì ad essere portato a termine, neanche dopo l'apporto di Tiburzio Spannocchi il quale progettò l'ampliamento delle fortificazioni verso sud-ovest e verso nord a scapito delle vecchie mura di epoca medioevale (tra cui l'antica Torre del Vescovo del 1302). Venne eretta nel 1612, sotto il re di Spagna e di Sicilia Filippo III, la fontana dei Sette Canali. E nel 1621 sorsero la fontana di Sant'Agata e, su consiglio dell'incaricato dal luogotenente del re, ingegnere Raffaele Lucadello, quella detta «di Gammazita», di cui oggi resta soltanto il «pozzo» nei pressi dell'attuale via San Calogero.[21] La colata dell'eruzione del 1669 inghiottì parte del sistema difensivo a sud e a sud-ovest della città che, rimasta sguarnita da questo lato, riedificò in parte sulle lave ancora calde una cortina muraria, detta popolarmente fortino, su cui ancora si apre la porta d'accesso (Porta del Fortino Vecchio in via Sacchero, un tempo dedicata al duca di Ligne che qui vi passò nel 1672) e di cui rimangono ancora sparute tracce. Su tali mura venne ricavata la porta Ferdinandea, ancora oggi erroneamente detta u futtinu ("il fortino"). Con il terremoto del 1693 e la seguente ricostruzione si volle dare alla città un aspetto più aperto e libero dai fortilizi (i resti furono infatti inglobati nello sviluppo della città), anche perché ormai non esisteva più il pericolo delle incursioni piratesche che secoli prima diedero l'impulso alla fortificazione del Regnum Catania è stata ampiamente trasformata dalle conseguenze dei terremoti che hanno imperversato su questa parte della Sicilia. Il suo territorio circostante è stato più volte coperto da colate laviche che hanno raggiunto il mare. Ma i catanesi caparbiamente l'hanno ricostruita sulle sue stesse macerie. La leggenda vuole che la città sia stata distrutta sette volte durante la sua storia, ma in realtà tali eventi disastrosi si possono sicuramente riferire a pochi ma terribili eventi. Anche le distruzioni del centro urbano in tempi recenti a causa delle colate laviche sono frutto di una storiografia fantasiosa[23] In epoca storica Catania venne danneggiata dai prodotti piroclastici dell'Etna nel 122 a.C.; le fonti antiche riferiscono di tetti crollati per il peso eccessivo delle ceneri e di raccolti distrutti[24] È testimoniata tuttavia anche dal punto di vista archeologico la presenza di colate che giunsero a colpire parte della città antica[25] La calamità che avrebbe poi reso Catania la perla del tardo barocco siciliano è senza dubbio il terremoto che si registrò tra le giornate del 9 e dell'11 gennaio 1693, quando tutto il Val di Noto fu distrutto da potenti scosse. Nella città etnea si contarono numerose vittime, dovute soprattutto alla scarsa larghezza delle strade principali, che non permise ai cittadini di potervisi riversare. Durante la ricostruzione l'idea di risolvere questo problema fu di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, progettando larghe vie principali, quali le centralissime Via Etnea, Via Vittorio Emanuele II (che all'epoca si chiamava "Corso reale"), Via Plebiscito e Via Giuseppe Garibaldi (all'epoca conosciuta come via San Filippo). Tutti i monumenti antichi furono inseriti nel tessuto urbano della città ricostruita grazie a tanti artisti, anche di fama nazionale, tra cui di certo spicca l'opera dell'architetto Giovanni Battista Vaccarini, che hanno dato alla città una chiara impronta barocca. Tra gli altri che hanno aiutato la rinascita della città si ricordano Francesco Battaglia, Stefano Ittar, Alonzo di Benedetto e Girolamo Palazzotto Come monumenti dell'Ottocento sono da segnalare teatri e fontane: per quello che riguarda i primi, nel 1821 venne costruito il teatro Coppola, primo teatro comunale a Catania, sito nel quartiere Civita, che fu adibito principalmente alla rappresentazione di opere liriche. Il teatro venne poi chiuso nel 1887 quando fu inaugurato il teatro Massimo Vincenzo Bellini, seguendo lo stile dell'Opéra national de Paris, in piazza Vincenzo Bellini, nel quartiere Agnonella. Per quello che riguarda le seconde, a Catania non c'è più traccia di quella che aveva al centro un obelisco e che i catanesi avevano innalzato nel 1862, in un primo tempo nell'attuale piazza Duca di Genova, per ricordare la visita compiuta in quell'anno alla città dai tre figli del primo re d'Italia Vittorio Emanuele II (Umberto, Amedeo e Oddone), poi ricollocata nella zona di piazza Mario Cutelli.
Nel biennio 1863-1865, il Comune provvide a dotare la città di fontanelle, nel quartiere del Fortino, in piazza Crocifisso della Buona Morte (poi piazza Alfredo Cappellini, dal 1907), nel largo dei Miracoli, nel largo delle "Chianche Mortizze", nella piazza Monserrato, in quella della Guardia, nonché nel rione della Consolazione, ormai tutte scomparse. Come monumenti del Novecento a Catania sono da segnalare fontane e palazzi: tra le prime, la Fontana di Proserpina, che risale al 1904 ed è sita in piazza Stazione (oggi piazza Giovanni XXIII), è stata costruita 'di getto' in pochi mesi, ed è la penultima scultura di Giulio Moschetti. Per quello che riguarda i secondi, nel 1922 comincia la costruzione del Palazzo delle poste centrali, con un progetto risalente a quattro anni prima per opera dell'architetto Francesco Fichera, ultimato nel 1929 e inaugurato l'anno seguente. Nel 1933 è stato inaugurato il Palazzo della Borsa, costruito su progetto dell'architetto Vincenzo Patanè coadiuvato da Giovanni Aiello in uno stile tra il classico e il barocco. Nel 1937 inizia invece la costruzione del Palazzo di Giustizia, che termina solo nel 1953, e in seguito della Fontana de I Malavoglia in piazza dell'Esposizione, l'attuale piazza Giovanni Verga. Nello stesso periodo sorge il Palazzo Assicurazioni Generali, primo ed unico grattacielo della città, che ha 19 piani. Sotto il sindaco Domenico Magrì, agli inizi degli anni cinquanta, sorgono tre nuove fontane: la prima realizzata su disegno di Domenico Cannizzaro,[26] la fontana delle Conchiglie, in piazza Mario Cutelli; un'altra, al largo Giovanni Paisiello, opera modernissima di Dino Caruso, in ceramica e pietra lavica; e infine viene ricollocata la fontana dei Delfini, in piazza Vincenzo Bellini, opera di Giovanni Battista Vaccarini, proveniente dal chiostro della Badia Sant'Agata. Il Piano Regolatore Generale di Luigi Piccinato diede avvio nel 1961 anche ai lavori di costruzione del complesso della Cittadella Universitaria sulla collina di Santa Sofia, previsto già da un precedente PRG degli anni trenta, che oggi è uno dei maggiori poli di ricerca dell'Ateneo. |
||
Servizi: |
||
![]() |